Avversione al rischio in crescita, ecco come cambiano i cross valutari

iStock_ON-OFFIl dollaro ha aperto la settimana con un lieve calo rispetto ai massimi toccati venerdì scorso. Come da titolo del nostro approfondimento odierno, è evidente che l’avversione al rischio sia tornata ad aumentare, il petrolio sia calato di nuovo e le borse abbiano virato in territorio negativo. Sul biglietto verde pesa anche l’attesa per il FOMC che si concluderà domani sera: in tal proposito, giova ricordare che se non ci saranno segnali di svolta per i prezzi del petrolio, il sentiero di rientro dell’inflazione richiederebbe tempi più lunghi, il che potrebbe impedire alla Federal Reserve di alzare i tassi a marzo, come invece alcuni analisti ritengono probabile nel loro rispetto dei piani di 4 rialzi dei tassi per il 2016 (ciascuno, di 25 punti base).

Una simile evoluzione dovrebbe, nel complesso, indebolire il dollaro, ma in misura modesta, perché il mercato sconta già un profilo di rialzi Federal Reserve straordinariamente cauto. In altri termini, i mercati – che a fine dicembre scommettevano 4 rialzi per il 2016 – stanno già virando in maniera più convinta verso un approccio cauto di 2/3 rialzi che, al momento, consideriamo lo scenario più probabile.

Per quanto attiene l’euro, la valuta unica europea ha aperto la settimana in risalita rispetto ai minimi post-BCE in area 1,07 EUR/USD, arrivando a toccare quota 1,0880. A impattare in maniera negativa ieri è stata la pubblicazione del dato sull’IFO tedesco ieri ha deluso, ma è evidente come l’impatto negativo sulla moneta unica sia stato insignificante. A prevalere sono dunque state le incertezze globali e l’attesa per la riunione della Federal Reserve di domani.

Come intuibile, alcune probabili indicazioni di cautela dal FOMC di domani potrebbero spingere l’euro a testare la resistenza chiave di 1,1000 EUR/USD. Difficilmente però l’euro potrà sperimentare una permanenza di media o lunga durata oltre tale livello.

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