Lavoro, mai in Italia così tanta gente ne ha avuto uno (ma di che qualità?)

Prima le buone notizie: martedì scorso l’Istat ha pubblicato un aggiornamento delle proprie statistiche sugli occupati e sui disoccupati, scoprendo come lo scorso novembre lavoravano in Italia ben 23 milioni 183 mila persone, il numero più alto dal 1977 a questa parte (cioè, da quando sono iniziate le serie storiche).

Non solo: sempre in materia di buone notizie, i dati forniti dall’istituto nazionale di statistica mostrano un calo della disoccupazione e un calo della disoccupazione giovanile. C’è, però, un “ma”: opposizioni e sindacati fanno infatti notare come buona parte dei nuovi posti di lavoro siano instabili e precari, e che inoltre il tasso di disoccupazione in Italia rimane tra i più del vecchio Continente, preceduto solo da quello spagnolo e greco. Che opinione dare, allora, dell’attuale stato del mercato del lavoro italiano?

Il panorama è abbastanza complesso. Se si confrontano i dati dell’ultimo anno, si scopre infatti che sono stati creati ben 345 mila posti di lavoro, e che l’impulso è stato determinato dalla crescita dei posti di lavoro da dipendente a fronte del calo degli autonomi. Tuttavia, i primi – che sono aumentati di quasi mezzo milione di unità – sono composti solo per 48 mila da contratti a tempo indeterminato (peraltro, a tutele crescenti), mentre circa nove su dieci invece sono regolati da un contratto a termine.

Il saldo tra contratti a tempo determinato e indeterminato migliora invece se si prendono n considerazione gli ultimi quattro anni, ovvero l’inizio del governo Renzi, includendo così nel conteggio anche il periodo delle c.d. decontribuzioni, ovvero il periodo in cui chi assumeva a tempo indeterminato otteneva uno scontro fiscale della durata di tre anni.

Anche in tale ambito non mancano le diverse opinioni: i sindacati più critici sottolineano infatti che appena sono terminate le decontribuzioni, i posti precari sono tornati ad aumentare sensibilmente. Non solo: spesso i lavori precari sono anche a basso valore aggiunto, con stipendi inferiori alla media e condizioni poco soddisfacenti.

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